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Alzheimer, dalla ricerca un anticorpo che distrugge le placche nel cervello

21/09/2016

Risultati incoraggianti dalla ricerca sull’Alzheimer. Uno studio condotto su un ristretto gruppo di pazienti ha dimostrato come un anticorpo monoclonale umano sia in grado di attaccare e permettere di distruggere le placche di beta-amiloide, gli aggregati di proteine tossiche tipiche della patologia. La ricerca è stata condotta da diversi centri fra Stati Uniti e Svizzera tra cui l’Università di Zurigo che ha sviluppato l’anticorpo, aducanumab.

Si tratta tuttavia di una fase iniziale della sperimentazione. I risultati sono però incoraggianti e ne giustificano l’avanzamento. Sono già state pianificate, infatti, le fasi ulteriori dei test che dovrebbero dimostrare o meno l’efficacia dell’anticorpo nel migliorare i sintomi dell’Alzheimer come perdita di memoria e declino cognitivo. Questi test sembrano confermare l’ipotesi per cui queste placche siano la causa dei disturbi caratterizzanti la malattia.

Lo studio ha valutato la sicurezza dell’anticorpo

La ricerca, pubblicata su Nature, è stata condotta su 165 persone divise in due gruppi e con Alzheimer in fase iniziale. Uno ha ricevuto un placebo e l’altro, invece, il farmaco. A 103 pazienti è stato somministrato una volta al mese fino a 54 settimane. Dopo questo periodo è stata rilevata una riduzione della quantità di placche di beta-amiloide nel cervello, confermando i risultati già emersi con test su modelli sperimentali. A dosi maggiori del farmaco sono emersi maggiori benefici.

Lo studio ha testato la sicurezza del farmaco; grazie alla risonanza magnetica sono state riscontrate, in alcuni pazienti, delle anomalie temporanee a livello cerebrale.

(Per approfondire leggi qui: Alzheimer, il rischio sale con le malattie vascolari cerebrali?)

«Le malattie neurologiche degenerative sono sempre più nel mirino della ricerca scientifica. Tra tutte la malattia di Alzheimer è in prima fila per la scoperta di nuove cure. Le malattie neurodegenerative sono caratterizzate da un accumulo incontrollato di proteine mal ripiegate che il cervello non riesce a smaltire autonomamente. Per questo motivo, la ricerca si industria a trovare gli spazzini adatti a liberare il cervello dagli accumuli di proteine non volute», spiega il professor Alberto Albanese, responsabile di Neurologia dell’ospedale Humanitas.

Oggi è la Giornata mondiale della malattia di Alzheimer

«Nel caso della malattia di Alzheimer – prosegue – la beta-amiloide si accumula in modo incontrollato, soffocando così le cellule nervose. La ricerca più recente di terapie contro l’Alzheimer pubblicata su Nature ha dimostrato che l’aducanumab è effettivamente in grado di sbriciolare la beta-amiloide in pazienti con forme iniziali di malattia di Alzheimer. L’obiettivo di questo studio era centrato sulla tollerabilità del farmaco ed è stato raggiunto. Altri due studi, la cui conclusione è prevista per il 2020, risponderanno al quesito sull’efficacia dell’aducanumab nel migliorare i sintomi della malattia».

Il 21 settembre di ogni anno si celebra la Giornata mondiale della malattia di Alzheimer in tutti i centri di neurologia dedicati allo studio delle malattie neurodegenerative. Che fare in attesa delle nuove possibilità che la ricerca offre? «La migliore strategia preventiva è oggi rappresentata da uno stile di vita sano: alimentazione, attività fisica. Non si tratta di buoni consigli ma di risultati forniti da ricerche rigorose», conclude il professor Albanese.

(Per approfondire leggi qui: Alzheimer, Dieta mediterranea e attività fisica possono proteggere i neuroni)

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