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Tumore alla tiroide, in Italia 7 casi su 10 sono sovradiagnosticati

23/09/2016

Mezzo milione di persone in 12 Paesi tra cui l’Italia hanno ricevuto una diagnosi in eccesso di tumore alla tiroide. Nel nostro Paese sono stati sovradiagnosticati almeno 7 casi su 10 di tumore a questa fondamentale ghiandola dell’organismo. Sono i dati rilanciati dallo Iarc di Lione, l’Agenzia internazionale per la Ricerca sul cancro dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della Sanità.

L’agenzia ha condotto in collaborazione con il Centro di Riferimento Oncologico di Aviano uno studio appena pubblicato su The New England Journal of Medicine incentrato sulle diagnosi di tumori tiroidei. La sua incidenza, nei termini di una vera e propria epidemia negli ultimi decenni, in realtà è stata gonfiata da sovradiagnosi, ovvero sono stati diagnosticati tumori che non avrebbero dato sintomi né messo a rischio la vita della persona colpita.

Ma a quanto ammonterebbero queste diagnosi in eccesso di tumori tiroidei?

I ricercatori si sono serviti dei registri dello Iarc per valutare le dimensioni del fenomeno in 12 Paesi: Australia, Danimarca, Inghilterra, Finlandia, Francia, Italia, Giappone, Norvegia, Corea del Sud, Scozia, Svezia e Usa. Tra il 2003 e il 2007 in Italia, Australia, Francia e Usa le diagnosi in eccesso di tumori tiroidei fra le donne è del 70-80%, in Giappone e Scandinavia, Inghilterra e Scozia del 50%. Oggi il Paese con più diagnosi in eccesso sarebbe la Corea del Sud, con approssimativamente il 90% dei casi sovradiagnosticati.

(Per approfondire leggi qui: Tiroide a rischio disfunzione per colpa di agenti chimici antifiamma?)

Tra gli uomini il quadro non è molto dissimile: 70% in Italia, Francia e Corea; 45% in Australia e Usa e meno del 25% negli altri Paesi esaminati.

Quali i motivi di queste sovradiagnosi di tumore tiroideo?

Una maggiore sorveglianza medica e l’impiego di migliori tecniche diagnostiche hanno permesso di rilevare la presenza di tumori indolenti e non letali. Ad esempio l’introduzione dell’ecografia in Italia e in altri Paesi negli anni ’80 e la larga diffusione dell’esame citologico su agoaspirato ha portato alla sovradiagnosi di tumori alla tiroide. Sovradiagnosi che spesso ha portato a sovratrattamento. Sulla scorta di questi dati i ricercatori consigliano solo un attento monitoraggio dei pazienti sui quali sono stati rilevati questi tumori a basso rischio.

«Il dato conferma quanto osservato negli ultimi anni: un incremento dei casi di carcinoma tiroideo non seguito da un incremento della mortalità», afferma il professor Andrea Lania, docente di Endocrinologia presso Humanitas University e responsabile dell’Unità Operativa di Endocrinologia dell’ospedale Humanitas. «In molti Paesi si è eseguito nei fatti una sorta di screening ricorrendo a ecografie tiroidee seguite dall’esame dell’agoaspirato che hanno portato a un significativo incremento del numero delle diagnosi anche di casi che non avrebbero di fatto avuto alcun impatto sul morbilità e mortalità».

(Per approfondire leggi qui: 6 mosse per una tiroide in salute)

Gli endocrinologi hanno però già “corretto il tiro”

«Le nuove linee guida internazionali hanno modificato l’approccio al trattamento del nodulo tiroideo, ridimensionando il ricorso all’agoaspirato. In altre parole si sono ridotti i casi in cui è necessario procedere a questo tipo di esame al fine di gestire in maniera meno aggressiva una diagnosi di tumore. Si sta andando verso un’attenzione maggiore al singolo paziente: in primo luogo bisogna capire quando eseguire l’agoaspirato; in caso di diagnosi bisogna poi stratificare il rischio del paziente e definire quale grado di aggressività attivare per il trattamento», conclude lo specialista.

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