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Scoperta la proteina che causa il pre-diabete

03/11/2015

Prevenire il pre-diabete potrebbe presto essere realtà. Questo grazie alla scoperta di una proteina che lo causa, identificata da un gruppo di ricercatori della Monash University di Melbourne (Australia). Lo studio che illustra questa scoperta è stato pubblicato sulla rivista Cell Metabolism. La proteina che causa il pre-diabete si chiama Fetuin B ed è presente in alti livelli nei pazienti con steatosi epatica non alcolica, una malattia precorritrice del diabete di tipo 2 e che interessa circa il 60% delle persone affette da obesità.

Gli scienziati hanno rilevato come questa proteina compromettesse l’azione dell’insulina. In questo modo hanno fornito una spiegazione per una causa di diabete individuando allo stesso tempo un possibile target terapeutico: un farmaco potrebbe infatti bloccare la produzione di questa proteina e dunque prevenire l’insorgenza di diabete.

Gli studiosi hanno scoperto che questa proteina è presente ad alti livelli nei pazienti con diabete di tipo 2. I pazienti coinvolti nella ricerca presentavano questa proteina a questi livelli solo se erano diabetici o pre-diabetici, a differenza invece di chi era obeso ma non diabetico. Nei test condotti su modelli sperimentali, infine, i ricercatori hanno notato come, riducendo i livelli di Fetuin B nel fegato e nel sangue, migliorava il metabolismo del glucosio. Approfondiamo l’argomento con i professionisti di Humanitas.

(Per approfondire leggi qui: Diabete di tipo 2, con un test è possibile prevederlo entro 5 anni)

Che cos’è la steatosi epatica non alcolica?

E’ una patologia del fegato caratterizzata da un accumulo di grasso nella cellula epatica. Un fegato sano normalmente contiene circa il 5% di grasso; quando questa percentuale è più alta si parla di steatosi. In relazione alla definizione della malattia stessa devono essere esclusi come cause il consumo di alcool in eccesso, infezioni virali, patologie autoimmuni. Questa patologia è diventata ormai una delle più diffuse malattie epatiche nei Paesi più sviluppati, spesso legata a cattive abitudini (dieta squilibrata, eccesso di grassi nel sangue, sedentarietà).

Che legame ha la steatosi con il pre-diabete e dunque il diabete di tipo 2?

La presenza di steatosi epatica è un indice di grasso viscerale. Questa condizione, a differenza del grasso sottocutaneo (non presente negli organi come il fegato ma solo nel sotto cute) è una condizione di accumulo di grasso patologico, quindi dannoso. Porta a disfunzione d’organo ed è una delle possibile cause di sviluppo di alterazioni metaboliche (di zuccheri e di grassi) che porta a sviluppare il diabete tipo 2. Il livello della glicemia progressivamente sale da normale a patologica, sino ad essere diagnostica per diabete (DMT2 valori >126 mg/dl).

(Per approfondire leggi qui: Diabete, le regole per vivere una vita normale)

Nella fase di iperglicemia patologica ma non diagnostica si ha il cosiddetto pre-diabete che a tutt’oggi rappresenta un importante fattore di rischio per malattie cardiovascolari (CVD). Si dice che le complicanze del diabete (micro e macrovascolari) inizino ben prima che i valori di glicemia siano diagnostici per DMT2 proprio durante la fase di pre-diabete.

(Per approfondire leggi qui: Diabete di tipo 2, mortalità giù di un terzo con farmaco per la glicemia)

Un recentissimo studio prospettico (Diabetes care 2015) ha analizzato una popolazione dal 1988-91 di 1.336 persone di origine europea e 1.139 sud-asiatiche senza CVD e con la disponibilità dell’intero pattern di fattori di rischio. Il follow-up è stato concluso nel 2011 e sono stati valutati i casi incidenti di cardiopatia ischemica e ictus tramite certificati di morte, ricoveri ospedalieri, e altre fonti. Lo studio ha confermato come, rispetto alle persone normoglicemiche, quelle con pre-diabete definito da emoglobina glicata compresa tra 6.0-6.4 avevano un incremento significativo di malattia cardiovascolare se di origine europea.

Cosa potrebbe comportare la scoperta di questa proteina?

Identificare soggetti che potrebbero sviluppare steatosi epatica, e quindi possibili alterazioni metaboliche, aiuterebbe a ridurre in questa popolazione fattori di rischio cardiovascolari. Stiamo sviluppando, oltre alle consuete e classiche terapie non farmacologiche (incremento attività fisica, trattamenti dietetici mirati ma sempre legati alla Dieta mediterranea) anche terapie farmacologiche sempre più efficaci in questo senso.

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