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Origine genetica dei “secondi” tumori: a che punto è la ricerca?

10/05/2017

La ricerca sull’origine genetica dei “secondi” tumori va avanti. Il team di ricercatori dell’ospedale Humanitas guidato dal professor Armando Santoro, direttore del Cancer Center e docente di Humanitas University, ha attivato il progetto di ricerca.

«Abbiamo definito una piattaforma di medicina molecolare e stiamo cominciando a raccogliere i campioni dei pazienti che hanno sviluppato almeno tre diverse forme di tumore», spiega il professore. «Naturalmente i tempi non sono brevi e prima di uno, due anni non avremo i dati utili a disposizione», aggiunge.

L’obiettivo della ricerca è individuare quelle alterazioni genetiche comuni in più persone che potrebbero essere alla base dello sviluppo dei “secondi” tumori in uno stesso individuo, con evidenti ricadute di natura diagnostica. «Riuscire a trovare questi “segni genetici” comuni significherebbe poter stabilire un nesso tra le alterazioni genetiche e lo sviluppo di neoplasie multiple», sottolinea lo specialista.

«Trovarli – conclude il professor Santoro – ci permetterebbe di sviluppare azioni di screening e prevenzione mirate verso tutte le persone “portatrici” di quello specifico codice genetico individuato». (Per approfondire leggi qui: Neoplasie multiple, alla ricerca del codice comune)

Secondo il dossier “I numeri del cancro in Italia, 2014” la sopravvivenza media a cinque anni dalla diagnosi è aumentata sia per gli uomini, dal 39% del 1990-92 al 57% nel 2004-07, che per le donne, dal 53 al 63%.(Per approdondire leggi qui: Tumori, mortalità in calo)

Il rischio di ricevere un’altra diagnosi di tumore a cinque anni dal primo è in media del 4% per gli uomini e del 6% per le donne. Un valore che cresce con il tempo: 6% e 10% dopo un decennio, 10% e del 14% dopo un ventennio, 12% e del 16% dopo trent’anni. L’incremento interessa in particolare quei tumori che condividono la stessa esposizione a fattori cancerogeni, come in quelli legati a fumo e alcol. In generale, i pazienti oncologici presentano un rischio maggiore del 10% di sviluppare un “secondo” tumore rispetto alla popolazione generale.

 

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