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Sindrome dell’intestino irritabile: il legame invisibile con il cervello

15/06/2015

Esiste una relazione tra sindrome dell’intestino irritabile e mente? La risposta è affermativa e arriva da uno studio cinese: i ricercatori hanno identificato in questo disordine gastrointestinale un fattore di rischio per il disturbo bipolare. A darne notizia è la rivista scientifica Plos One.

Lo studio ha preso in esame un campione di 30mila abitanti di Taiwan che tra il 2000 e il 2010 hanno ricevuto una diagnosi di sindrome dell’intestino irritabile. Rispetto al gruppo di controllo, in questo insieme di pazienti l’incidenza del disturbo bipolare era maggiore (più del doppio). Pur sottolineando la necessità di ulteriori studi che confermino questi risultati, secondo il team di ricerca la sindrome dell’intestino irritabile incrementa il rischio di sviluppare negli anni un disturbo bipolare, ovvero un disturbo maniaco-depressivo che si manifesta con alterazioni dell’umore.

La sindrome dell’intestino irritabile è una sindrome caratterizzata da dolore addominale di tipo costante o fluttuante accompagnato da alterazioni nella regolarità intestinale (diarrea o stipsi). Le cause della  sindrome dell’intestino irritabile sono varie e spesso non conosciute. Essendo una patologia di tipo “funzionale”, per fare diagnosi è necessario avere escluso che alla base vi siano problemi “organici”, ad esempio infiammazioni importanti come nel morbo di Crohn e nella rettocolite ulcerosa.

Una causa comune della sindrome dell’intestino irritabile è aver contratto in età infantile o adolescenziale un’enterite infettiva (spesso quando ci si reca all’estero: la cosiddetta “diarrea del viaggiatore”). Tra gli altri fattori scatenanti i sintomi possono esserci intolleranze o allergie alimentari, alterazioni della microflora batterica intestinale e stress psico-fisici. La diagnosi è clinica e si basa su criteri internazionali che classificano la sindrome in varianti diverse, a seconda del tipo di disturbo prevalente (ad esempio diarrea, stipsi, misto e aspecifico).

Quali sono le implicazioni di questo studio

Le osservazioni pubblicate nello studio confermano che alla base dei sintomi funzionali gastrointestinali non solo c’è una maggior prevalenza di disturbi psichici ma che, e questo è il dato più interessante, soffrire per lungo tempo di patologie digestive determina un’alterazione dello stato psicologico. Questo meccanismo potrebbe dipendere, come osservato in modelli sperimentali, da un’attivazione dei mediatori di infiammazione come le citochine che agiscono sia in periferia (intestino) che centralmente (cervello).

Il legame tra corpo e mente è dunque lampante. L’intestino si è guadagnato l’appellativo di “secondo cervello”. Spesso, infatti, è questo organo a suggerire che qualcosa non sta andando nella giusta direzione e si prova dolore e fastidio. Gli stessi sintomi della sindrome dell’intestino irritabile o di altri disturbi gastrointestinali possono essere indotti da stress, ansia e tensione. Tuttavia, come dimostrano i risultati dello studio cinese, non si tratta di un legame a una direzione.

Tra intestino e mente c’è dunque una relazione bidirezionale

Questi dati, già evidenziati in uno studio australiano di qualche anno fa, sottolineano le influenze reciproche fra i due “cervelli”: chi soffre fisicamente per un lungo periodo di tempo ne risente anche psicologicamente. Finalmente una rivincita per questi pazienti che spesso si sentono etichettati solo come ansiosi o depressi.

 

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