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Prevenzione

“Mal di sushi”, in aumento a Milano i casi di “sindrome sgombroide”

06/10/2016

Attenzione al pesce crudo. Se mal conservato può causare un’intossicazione, la “sindrome sgombroide” a cui spesso ci si riferisce come “mal di sushi”. Cambiano le abitudini alimentari, cambiano anche i rischi per la salute: a Milano sono aumentati i casi di questa forma di intossicazione alimentare, fa sapere l’Agenzia di Tutela della Salute della Città metropolitana di Milano. Solo nei primi 9 mesi del 2016 i casi sono stati già 42, numeri vicini a quelli fatti registrare negli anni scorsi ma su 12 mesi.

Cos’è questo “mal di sushi”?

La “sindrome sgombroide” è una delle più comuni intossicazioni alimentari da consumo di pesce. La sostanza responsabile dell’intossicazione è l’istamina che si sviluppa per l’azione di alcuni enzimi. La loro attività dipende dal contenuto di istidina, un aminoacido presente nell’alimento, e dalla temperatura di conservazione dell’alimento.

In poche parole l’istidina, a causa della cattiva conservazione del pesce, può trasformarsi in istamina. Le quote più elevate di questo aminoacido – si legge in un bollettino dell’Istituto superiore di Sanità – sono state riscontrate nei tonni, negli sgombri, nelle sardine e nelle aringhe. “Temperature tra i 6°C e 20°C favoriscono la formazione di amina, mentre le basse temperature sono in grado di ritardare la sua sintesi batterica”, dice l’istituto.

(Per approfondire leggi qui: Se mangi giapponese vivi di più?)

Il problema può riguardare il sushi, quindi il pesce preparato per essere consumato crudo secondo la tradizione della cucina giapponese, ma non solo. I rischi di “sindrome sgombroide” possono derivare semplicemente dal consumo di pesce mal conservato ma anche da quello in scatola poiché “le elevate temperature di sterilizzazione dei processi di inscatolamento non sono in grado di inattivare” l’istidina già formata.

Quali sono i sintomi del “mal di sushi”?

«I sintomi più frequenti sono crampi addominali, nausea, vomito, diarrea, rush cutaneo, prurito, ma anche mal di testa, bruciore oculare e difficoltà respiratorie. Questi sintomi cominciano a manifestarsi subito dopo l’ingestione del pesce, da 30 minuti a 2 ore dopo il pasto. Il malessere rientra generalmente nell’arco delle 24 ore e i sintomi possono essere trattati con farmaci antistaminici», risponde il dottor Stefano Ottolini, medico dell’unità di Medicina d’urgenza dell’ospedale Humanitas.

(Per approfondire leggi qui: Sushi: una ricetta amica della linea?)

Se si accusano questi sintomi cosa è meglio fare?

«Andare in Pronto Soccorso e riferire cosa si è mangiato. Lì sarà facile diagnosticare la sindrome: la sintomatologia farà pensare a questa forma d’intossicazione alimentare soprattutto se accusata da più persone che hanno condiviso lo stesso pasto».

Qualche consiglio per evitare di incappare nella “sindrome sgombroide”?

«È meglio rivolgersi a ristoranti di cui ci si fida, dove si è già mangiato prima, mentre sarebbe indicato evitare di consumare pesce acquistato da rivenditori che potrebbero non aver rispettato le norme di sicurezza alimentare, come i venditori ambulanti. Per quanto riguarda il pesce in scatola occorre sempre verificare data di preparazione e di scadenza, evitando di acquistare confezioni che presentano ammaccature o segni di cattiva conservazione e stoccaggio», avverte in conclusione il dottor Ottolini.

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