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Prevenzione

Pap test per la prevezione del tumore all’utero: quando è utile farlo?

16/12/2002

Non serve eseguire un Pap test l’anno se il risultato è normale, ma si possono limitare i controlli ogni due o tre anni. E’ questa la novità contenuta nelle raccomandazioni in merito dell’American Cancer Society (ACS), l’ente scientifico che raggruppa gli oncologi d’Oltreoceano, appena pubblicate sul Cancer Journal for Clinicians. La dott.ssa Mary Simmons presidentessa dell’ACS , illustra le motivazioni scientifiche delle nuove indicazioni dei medici USA Il parere degli specialisti di Humanitas.

In cosa consiste il Pap test

E’ un semplice esame nel corso del quale si prelevano con una sorta di cotton fiocc e un raschietto alcune cellule dalla parete del collo dell’utero. Ciò permette di individuare precocemente un eventuale tumore. Da quando è stato introdotto ed è diventato pratica comune tra le donne, la mortalità per cancro della cervice uterina è diminuita drasticamente. Finora, però, si raccomandava di ripetere il test ogni anno: poche, però, sono le donne sufficientemente consapevoli del rischio che corrono nell’essere costanti nei controlli.

Nuova raccomandazione: distanziare i controlli

“Questa è una delle ragioni per cui abbiamo consigliato di distanziare le visite di controllo – spiega la dott.ssa Mary Simmons. Dato che il tumore del collo dell’utero cresce molto lentamente, anche un esame meno frequente è in grado di individuarlo in tempo per mettere in atto una terapia non troppo aggressiva. Uno dei benefici della diagnosi precoce, infatti, è la possibilità di non asportare tutto l’utero (intervento molto demolitivo e soprattutto penalizzante per le donne più giovani), ma di limitarsi alla cosiddetta conizazzione, cioè all’eliminazione di una sorta di cono di tessuto intorno all’area dove stanno proliferando le cellule tumorali, lasciando intatto il resto dell’organo”.

Due sono le tecniche per il pap test

La tecnica con cui viene eseguito l’esame ha però la sua importanza: “Il Pap test classico, ottenuto per raschiamento, andrebbe ripetuto più di frequente perché può non segnalare una piccola area con cellule maligne se il prelievo non viene eseguito con sufficiente perizia, mentre la tecnica migliore, che permette di rallentare i controlli, è il cosiddetto Pap test con lavaggio, cioè una raccolta del liquido ottenuto con un lavaggio ad alta pressione della cervice uterina. Le cellule rimaste nel liquido provengono infatti da tutta la parete e quindi si rischia meno di non notare una alterazione pericolosa”. Tutto ciò è valido, però, solo se gli esami vengono iniziati al momento giusto cioè entro tre anni dal primo rapporto sessuale e comunque non oltre i 21 anni. Dopo i 30 anni e dopo tre risultati buoni di seguito, è possibile fare lo screening biennale.

La situazione in Italia

Le novità dagli Stati Uniti sono però anche altre e riguardano le donne più anziane. Dopo i 70 anni e dopo dieci anni di risultati nella norma si può decidere di interrompere completamente la pratica del Pap test. I consigli americani, però, sono solo in parte adattabili alla situazione italiana. “Purtroppo ancora oggi in donne molto giovani provenienti da una realtà diversa da quella del Nord Italia, dove forse vi è una maggiore sensibilizzazione al problema dello screening e del Pap test, arriviamo a una diagnosi di tumore del collo dell’utero tardi, quando non c’è più la possibilità di eseguire una terapia conservativa. Mi è accaduto ben tre o quattro volte solo in quest’ultimo periodo”.

Qual è il consiglio migliore per effettuare il pap test ?

“Il messaggio che noi ginecologi diamo alle pazienti è di eseguire la visita ginecologica e il Pap test poco tempo dopo i primi rapporti sessuali, di ripeterlo dopo un anno e poi, a seconda di quanto si vede dalla visita ginecologica, ogni 2 anni. Quest’ultimo punto è particolarmente importante: consente, infatti, insieme al Pap test, di ampliare gli accertamenti facendo una colposcopia o una biopsia della cervice uterina se i risultati segnalano una sospetta lesione pre-tumorale (che sul referto viene segnalata come CIN). Lo stesso si può dire nel caso di pazienti con infezioni virali (in particolare da HPV, il virus del papilloma che è la causa principale dei tumori del collo dell’utero). L’intervento terapeutico, in questi stadi precocissimi, consente di evitare l’evoluzione, pur lenta, in lesioni ben più gravi”.

L’importanza della visita

“La realtà è che il primo Pap test raramente viene eseguito secondo le linee guida, ma spesso viene sollecitato dal ginecologo stesso quando la giovane paziente si sottopone a una visita per problemi di infezione o perché richiede una contraccezione. Anche quest’ultimo bisogno non garantisce che la giovane donna si rechi dal ginecologo. Troppo spesso la pillola viene prescritta senza alcun controllo o si assume addirittura quella dell’amica senza chiedere al medico. Nel caso delle donne più anziane, la tendenza italiana è di invitare le pazienti a una maggiore prudenza. Se le pazienti sopra i 70 anni non presentano problematiche particolari e si sono sottoposte ai periodici controlli ginecologici si può fare il Pap test ogni 2-3 anni, ma a mio avviso è meglio non sospenderlo del tutto”.

A cura di Livia Romano

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