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Se un amico si ammala, ecco come stargli vicino

16/05/2012

Una persona cara o un amico si ammala. Quali parole usare e come comportarsi per essere utili? La parola alla psicologa di Humanitas Cancer Center.

Purtroppo può succedere, prima o poi, di trovarsi nella poco piacevole situazione di avere una persona cara, un parente o un amico in precarie condizioni di salute, magari costretto a lunghe permanenze in ospedale. Non è sempre facile trovare le parole ed il comportamento più adatto per queste occasioni, per poter essere di aiuto e di conforto o anche semplicemente “stare vicini ” alla persona cui si vuole bene. Ne abbiamo parlato con la dott.ssa Emanuela Mencaglia, psicologa clinica di Humanitas Cancer Center.

Dottoressa Mencaglia, perché alcune persone hanno difficoltà a relazionarsi con i malati, anche se si tratta di amici o parenti?

Esiste un tabù della nostra cultura in merito a malattia e morte: si tende a confinare queste situazioni, che sono parte integrante della vita, il più lontano possibile dalla realtà che viviamo. Spesso, incontrando questi problemi, è forte la tentazione di dire “non sono capace e quindi non me la sento”, un alibi perfetto per rimanere a distanza ‘di sicurezza’ e non sentirsi coinvolti, specialmente quando non si tratta di familiari stretti. L’emotività gioca un ruolo importante e l’impotenza di fronte alla situazione spinge la persona ad allontanarsi, a negare le difficoltà e la situazione vissuta dall’altro che invece, stando male, dovrebbe poter trovare un appoggio emotivo stabile per potersi muovere nella nuova realtà e affrontare le situazioni conseguenti. Credo quindi che una persona che voglia veramente aiutare un parente o un amico che soffre dovrebbe prima di tutto imparare a conoscere il proprio limite; partendo da questa riflessione personale, è poi necessario comprendere le necessità, i bisogni, della persona che vogliamo aiutare e la maniera migliore per farlo spesso è rendersi disponibili ed aspettare che sia la persona interessata a “fare la prima mossa”.

Quali sono le difficoltà psicologiche ed emotive di una persona cui viene diagnosticata una patologia grave?

Il primo ostacolo è proprio guardare la situazione per quello che è: nessuno si aspetterebbe mai di trovarsi con una diagnosi complessa, in cui potrebbe essere a rischio anche la vita e spesso la prima reazione è di negazione. Esprimere le proprie difficoltà e le proprie paure, in questo senso, è già un passo avanti perché dimostra che si è fatto un passo verso la presa di coscienza del proprio stato. In questa fase, la presenza di una rete di persone che aiuti a farsi carico della situazione è molto preziosa e chi volesse essere d’aiuto, più che parlare dovrebbe ascoltare o, casomai, stimolare la persona malata ad esprimersi.
Le persone malate spesso raccontano di fare una “pulizia” dei propri rapporti di amicizia da quelle persone che, per un qualsiasi motivo (ad esempio perché spariscono o dimostrano un interesse morboso o patetico), non si dimostrano in grado di star loro vicine.
A chi dovrà stare vicino ad un malato consiglio di rispettare le ‘debolezze’ e le ‘paure’ del paziente: bisogna andare oltre lo stereotipo dell’ “essere forti” e “tenere duro”, perché se stringere i denti e pensare positivo può aiutare a gestire la situazione (in alcuni casi), non è una reale soluzione al problema e non garantisce assolutamente risultati migliori. Avere paura ed essere spaventati è normale (ed umano), e la sua espressione permette di ripartire con più consapevolezza. Sentirsi dire che si è in pericolo di vita è un’esperienza che segna indelebilmente, tanto che spesso anche chi è guarito da anni è angosciato ogni volta che deve sottoporsi ai controlli periodici.
Succede anche che dopo la diagnosi il paziente tenda a colpevolizzarsi: cerca di capire quale comportamento sia alla base della nascita della malattia, o di quali situazioni esterne sia state le cause scatenanti di ciò che gli è capitato, perdendo così l’attenzione su cosa si possa fare per risolverlo.
Un altro elemento importante è l’onestà: se non siamo in grado di farci carico della situazione o il nostro desiderio di aiutare nasce da una spinta narcisistica, diversa da quella dettata dall’affetto, bisogna avere la lucidità per fare un passo indietro. Forse il punto da cui partire per potersi avvicinare ad una persona malata è cercare di provare a vedere le cose dal loro punto di vista e, pur senza sconfinare nell’aggressività e nel cinismo, non aver paura di essere sinceri.

 

A cura di Matteo Nicolosi

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