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Alimentazione

Obesità infantile, sotto accusa la pubblicità per ragazzi

25/05/2010

Negli ultimi trent’anni l’obesità nei bambini è aumentata in modo preoccupante. Oggi sotto accusa è la tv, perché durante le trasmissioni per ragazzi la pubblicità privilegia cibi non salutari. È l’allarme lanciato da Alt, Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari, Onlus.

ALT, Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari, Onlus (www.trombosi.org) è la prima e unica associazione in Italia che si batte per sconfiggere la Trombosi finanziando la ricerca scientifica interdisciplinare e promuovendo la prevenzione. La Trombosi provoca malattie cardiovascolari ad alto impatto sociale, quali Ictus, Infarto, Embolia polmonare, Trombosi venose e arteriose. In Italia colpisce ogni anno 600 mila persone e rappresenta la prima causa di morte.

La brutta notizia è che può colpire chiunque: adulti e anziani, ma anche giovani e addirittura bambini. La buona notizia è che queste malattie sono evitabili in un caso su tre e la prevenzione gioca un ruolo fondamentale, soprattutto se diventa una “regola di vita” da imparare fin da piccoli. Purtroppo negli ultimi anni l’obesità nei bambini è parecchio cresciuta. L’obesità si accompagna a un’elevata probabilità che i bambini diventino anche diabetici e, di conseguenza, aumenta anche il rischio di incorrere in malattie cardiovascolari gravi, come l’infarto e le malattie da trombosi arteriosa.

Fra le diverse strade che la ricerca scientifica sta percorrendo per comprendere le cause di questa epidemia c’è anche lo studio dei meccanismi dell’appetito. E’ certo che il consumo di cibi eccessivamente calorici e la complessiva riduzione dell’attività fisica dei bambini hanno grande responsabilità sull’aumento di peso e sulle sue conseguenze. Si rende dunque necessario rivedere il fabbisogno energetico reale dei bambini.

In attesa di risultati di ricerca più completi è fondamentale intervenire con urgenza nel riequilibrare la quantità di calorie assunte con l’alimentazione e la quantità di quelle consumate con l’attività fisica quotidiana. E’ responsabilità delle madri sensibilizzarsi su questo tema ed esercitare un’azione di educazione quotidiana sui propri figli, incominciando dall’esempio che viene fornito a tavola ogni giorno. Ed è responsabilità delle scuole e degli educatori provvedere affinché ai ragazzi venga garantita un’adeguata sollecitazione a fare attività fisica tutti i giorni, aumentando l’impegno nello sport a partire dalle scuole.

Il peso della pubblicità nelle scelte alimentari
L’aumento della diffusione dell’obesità, in particolare fra i bambini, viene osservato con crescente preoccupazione in tutta Europa. Un progetto triennale è stato dedicato proprio alla relazione tra “Bambini, obesità e patologie croniche evitabili associate”. All’interno del progetto è stato analizzato il marketing alimentare rivolto ai bambini e ai giovani e, anche in Italia, è risultata in crescita la proliferazione di tecniche e canali di promozione di alimenti “poco sani”.

I bambini sono un target estremamente interessante e promettente per le aziende, in quanto “consumatori in evoluzione”. Una volta fidelizzati a una certa marca o a un certo prodotto, è altamente probabile che vi restino affezionati anche negli anni. In Europa la diffusione della pubblicità di alimenti non salutari (prodotti ad alto contenuto di grassi, zuccheri o sodio) destinati ai bambini varia da Paese a Paese: in Italia è circa il 49%, mentre raggiunge quasi il 100% in Danimarca e nel Regno Unito. Durante le trasmissioni televisive per bambini, ad esempio, la pubblicità privilegia cibi non salutari, mentre la presenza di frutta, verdura e altri alimenti sani è scarsa. Ed è stato ormai riconosciuto che la promozione pubblicitaria di merendine e snacks esercita effettivamente un’influenza sui consumi e sulle richieste dei bambini.

Analisi tratta da Progetto CHOB – Children and Obesity and Associated Avoidable Chronic Diseases (2004-2006). Fonte: Rapporto “Il marketing di prodotti alimentari non salutari diretto ai bambini in Europa” (2005).

A cura della Redazione

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