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Alimentazione

Bere troppa acqua fa male?

03/07/2007

Ci sono persone  che devono limitare l’assunzione di questo liquido vitale e altre che corrono dei rischi se esagerano.  

Un litro e mezzo al giorno. Queste sono le indicazioni generali per una corretta assunzione di liquidi nella dieta quotidiana. Acqua a volontà, dunque, perché questo liquido trasparente, più o meno ricco di sali minerali, è un elemento davvero prezioso per il nostro organismo. Sul piano quantitativo, inoltre, il patrimonio idrico di un individuo sano rappresenta circa il 60 per cento del corpo.
Ma ci sono persone che devono limitare l’assunzione di acqua e altre che, al contrario, ne devono aumentare il consumo? E quali sono i rischi che si corrono se si beve troppa acqua? Ne parliamo con il prof. Giorgio Graziani.

Le acque minerali: una panoramica

“A meno che non si abbiano particolari problemi di salute che esamineremo in seguito, si può scegliere di bere una qualunque acqua minerale. Le oligominerali contengono pochi minerali, soprattutto poco calcio, sodio e magnesio. Le acque minerali, invece, contengono un maggior contenuto di sali minerali, che varia a seconda del tipo di sorgente da cui sgorgano. L’acqua può essere classificata poi come acida o alcalina, a seconda del suo contenuto di bicarbonato. Al momento dell’imbottigliamento può essere aggiunta anidride carbonica (acqua minerale gasata o frizzante), un gas inodore, incolore e non tossico. Esistono poi acque effervescenti naturali, che sgorgano leggermente gasate dalla sorgente poiché, durante il percorso sotterraneo, si sono mescolate con anidride carbonica. Le acque oligominerali sono particolarmente adatte, ad esempio, a chi ha problemi di calcoli o di ipertensione o di cardiopatia”.

Le acque povere di sodio

“Sempre più spesso la pubblicità sottolinea la qualità di un’acqua minerale povera di sodio. Questo elettrolita è presente nel sangue ed è ritenuto, insieme ad altri fattori quali l’ereditarietà e l’obesità, corresponsabile dell’ipertensione arteriosa. L’eccesso di sodio nella dieta può provocare ipertensione attraverso meccanismi diversi e non del tutto noti. Un concetto elementare è quello secondo cui chi assume una quantità eccessiva di sale avverte un forte senso di sete per cui è costretto a bere molta acqua. Questo meccanismo può indurre un abnorme aumento del patrimonio idrico e salino dell’organismo e facilitare così l’insorgere di ipertensione.
Uno dei primi rimedi per trattare l’ipertensione arteriosa infatti è la somministrazione di un diuretico, che aumenta l’eliminazione renale di acqua e sodio. Oltre all’aspetto quantitativo, il sodio sembra anche favorire l’ipertensione indirettamente rendendo i recettori vascolari più sensibili all’azione di sostanze vasocostrittrici. Sarebbero quindi soprattutto gli ipertesi a dover ricorrere all’assunzione di acque che contengono una bassa concentrazione di sodio”.

 

 

Quando si beve troppo

“Il rene è un organo dotato di sensori che gli permettono, in caso di assunzione di una quantità d’acqua superiore alla norma, di aumentarne l’eliminazione urinaria riportando il contenuto idrico dell’organismo entro i limiti normali. Uno dei suoi compiti, infatti, è quello di regolare e mantenere per quanto possibile costante la quantità d’acqua e di sodio presente nell’organismo. Un rene sano, dunque, è in grado di adattare l’escrezione urinaria di acqua alle necessità contingenti dell’organismo, aumentandone l’eliminazione in caso di inflazione idrica o riducendone l’escrezione nella condizioni di disidratazione (febbre elevata, diarrea, esposizione al calore con eccessiva sudorazione).
Nel caso di malattia renale l’organo perde questa capacità di regolazione idrica per cui l’organismo può essere esposto ai rischi sia di una eccessiva idratazione che a quelli di una eccessiva disidratazione. L’alterata regolazione dei liquidi corporei può essere anche pericolosa nei pazienti con malattie cardiache severe a rischio di scompenso. In questi individui il medico consiglierà al paziente di limitare l’assunzione di liquidi, sia direttamente sia attraverso gli alimenti. Un eccesso di acqua e sale, infatti, può essere a rischio di scompenso cardiaco acuto”.

Chi deve bere meno

“Va sottolineato che il rene è un organo che invecchia: gli anziani, quindi, presentano fisiologicamente una diminuita funzione renale di cui si dovrà tenere conto per calcolare la quantità ottimale di liquidi da assumere giornalmente. L’organismo anziano fatica quindi a smaltire un eccesso di acqua, con conseguenze pericolose come edema, ipertensione e problemi cardiaci. Gli anziani, però, presentano anche il rischio di essere esposti alla disidratazione. Nell’età senile, infatti, si riduce frequentemente la sensibilità delle papille gustative, per cui l’anziano può non avvertire il senso di sete e quindi non bere in modo sufficiente da compensare le perdite idriche che si verificano attraverso la traspirazione nei periodi di grande caldo. La sete, infatti, è uno dei principali meccanismi di difesa dalla disidratazione.
A un paziente anziano cardiopatico o che presenta problemi renali consiglio di mantenere il bilancio idrico attraverso l’assunzione di una quantità di liquidi pari alla quantità di urina. Un altro suggerimento è quello di controllare spesso il peso corporeo: una volta che il peso è stabilizzato, è bene che non vari eccessivamente, in quanto un aumento di peso potrebbe essere collegato a un eccesso di acqua nell’organismo (che può portare a ipertensione e scompenso cardiaco)”.

Chi deve bere di più

“Il malato soggetto a calcoli renali deve bere di più perché deve tenere le urine diluite, in modo che non si realizzi quell’ambiente fisico-chimico nelle vie urinarie che favorisce la formazione dei calcoli. Si tratta della cosiddetta “terapia idropinica”, che consiste nella diluizione urinaria dei sali litogeni, ottenuta con l’aumentato apporto di acqua. In questo modo si riduce il rischio di precipitazione dei sali nelle urine e della loro aggregazione, situazione che può portare alla formazione del calcolo.
Devono bere di più, poi, le giovani donne che hanno frequenti infezioni urinarie (cistiti), favorite da un ridotto apporto di acqua e quindi da un’eccessiva concentrazione delle urine. Un eccessivo senso di sete può essere uno dei primi segni di diabete scompensato; la sete in questo caso è indotta da una glicemia molto elevata. A questo disturbo si associa anche una poliuria (diuresi molto elevata), che è conseguente all’eccessivo introito idrico e all’effetto ‘diuretico’ esercitato dall’abnorme concentrazione di glucosio nel sangue e nelle urine”.

A cura di Elena Villa

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