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Candida: come riconoscerla e curarla

16/12/2003

“Più di una volta su tre la ragione che spinge una donna a rivolgersi ad un ginecologo per una visita è riconducibile a una vaginite, vale a dire un’infezione dell’apparato genitale non necessariamente associata ad una infiammazione. I sintomi riferiti dalla donna generalmente sono prurito, bruciore intenso, leucorrea, vale a dire presenza di abbondante secreto vaginale che defluisce all’esterno, e cattivo odore – afferma Gianluigi Bresciani, ginecologo di Humanitas –. Spesso purtroppo questi sintomi non sono episodi unici, ma assumono caratteristiche intermittenti (quando si ripresentano più volte dopo guarigioni spontanee), recidivanti (quando ricompaiono dopo guarigione con terapia specifica) o croniche”.

Quali possono essere le cause di una vaginite? E perché alcune donne sono più esposte di altre alle infezioni?

<“Nelle donne – spiega il ginecologo – l’ecosistema vaginale è un ambiente veramente stabile e la normale flora batterica, in prevalenza lattobacilli (bacilli di Doderlein), inibisce lo sviluppo di infezioni grazie al mantenimento di un ambiente acido. Purtroppo alcune donne, invece, hanno un ecosistema il cui equilibrio è così delicato che anche modifiche transitorie del pH vaginale bastano a permettere la sopraffazione della flora protettiva da parte di microrganismi patogeni”.

Quali sono le cause principali delle vaginiti?

<“In condizioni normali il livello del pH vaginale è 4-4,5, cioè acido. Infatti, solo un pH acido è in grado di determinare un ambiente ostile che impedisce lo sviluppo di microrganismi. L’uso frequente di detergenti intimi neutri (pH7) e non fisiologici, o di indumenti aderenti (jeans stretti), o in tessuto sintetico che determinano un innalzamento della temperatura, ma anche un cattivo uso degli assorbenti interni (che andrebbero cambiati ogni 3 ore) modificano il pH vaginale, creando le condizioni ideali alla proliferazione di batteri e microrganismi patogeni. Anche il ciclo mestruale modifica il pH vaginale, abbassandolo. Ma probabilmente il modo più facile di contrarre un’infezione vaginale è attraverso frequenti rapporti sessuali, sia perché lo sperma è in grado di innalzare il pH della vagina, sia perché con il rapporto è possibile il contagio con agenti patogeni esogeni infettivi (siamo cioè ancora del campo delle malattie sessualmente trasmesse). Certamente una corretta e non eccessiva igiene personale è un valido aiuto al mantenimento di uno stabile ambiente vaginale”.

Quali sono le principali vaginiti?

In tutto il mondo vengono riassunte in quattro categorie:
– vaginosi batteriche (Gardnerella) 50%
– vulvo vaginiti micotiche (Candida) 30%
– vaginite da Trichomonas 10%
– vaginiti allergiche o iatrogene. 10%

VAGINOSI BATTERICHE (GARDNERELLA)
“Si tratta di infezioni vaginali, in cui spesso è assente uno stato di infiammazione della vagina, caratterizzate da una proliferazione di batteri che rapidamente si sostituiscono ai normali abitanti della vagina, i bacilli di Doderlein, che hanno invece una funzione antibatterica – spiega Gianluigi Bresciani –. Il più importante tra questi batteri è la Gardnerella Vaginalis, mentre altri agenti meno noti sono i Bacteroides, il Mycoplasma e il Mobiluncus. Non è ben nota la ragione della diminuzione in vagina della popolazione ad ‘attività antibatterica’, ma trova facilmente conferma l’ipotesi che le vaginosi siano trasmesse per via sessuale, poiché l’infezione si riscontra soprattutto nelle donne sessualmente attive”.
I sintomi
Nel 50% dei casi non compaiono sintomi specifici. Tuttavia, l’infezione può manifestarsi attraverso le caratteristiche perdite vaginali grigiastre e fluide, dal tipico odore di pesce marcio. A queste spesso si associa la comparsa di bruciore lieve all’interno della vagina.
Come curarla
Frequenti lavaggi della zona genitale sortiscono sempre l’effetto di aumentare l’intensità dell’infezione. Invece, di solito è efficace un trattamento antibiotico sistemico con Metronidazolo o Clindamicina. Inoltre è importante riconoscere e trattare l’infezione anche in gravidanza, in quanto è riconosciuto un ruolo della Gardnerella nell’aumento della frequenza dei parti prematuri.

VAGINITI MICOTICHE (CANDIDA)
Il 10-15% delle donne in età riproduttive hanno contratto almeno una volta la Candida. I dati, trasmessi ogni anno, sono della Società Italiana Malattie Sessualmente Trasmesse. Si tratta di un’infezione causata da alcuni lieviti (conosciuti anche come miceti) che riproducendosi per gemmazione (proprio come i funghi), colonizzano la vagina, aderendo all’epitelio della stessa.

I sintomi

Le donne che ne sono affette quasi sempre lamentano prurito intenso e fastidiosissimo e perdite vaginali molto dense, simili a latte cagliato.

Recidivante

Il problema più grande delle vaginiti da Candida è la caratteristica tendenza a recidivare, anche dopo una prima guarigione con terapia specifica, principalmente per due motivi: la resistenza delle spore, quasi onnipresenti e pronte a riorganizzarsi in nuove colonie dopo lunghe fasi di latenza, e la facile trasmissione sessuale, con le conseguenti infezioni “a ping pong” tra i partners.
Anche la dieta è tra gli imputati: gli edulcoranti artificiali, i derivati del latte e i cibi ricchi di lieviti favorirebbero lo sviluppo della Candida.

Precauzioni

Non usate indumenti sintetici, come la microfibra per gli slip perché aderiscono eccessivamente ed alzano la temperatura. Neppure i pantaloni aderenti sono indicati. E’ importante passare comunque alle gonne al primo fastidio.

Come curarla

Il primo trattamento è sempre locale a base di composti imidazolici topici con ovuli e creme applicati localmente. In caso di frequenti recidive, è possibile assumere una terapia per via orale, spesso con buon successo. Ma una giusta attenzione verso le proprie mucose, evitando lavaggi troppo frequenti o troppo energici, può spesso avere la stessa efficacia.

VANGINITE DA TRICHOMONAS
“Si tratta di un microrganismo unicellulare, un protozoo flagellato (cioè con la coda) che ‘nuota’ frequentemente nell’apparato genitale maschile e femminile e trova una condizione ambientale ottimale quando il pH vaginale supera i livelli normali di acidità. Sopravvive pochissimo fuori dall’ambiente umano e per questo è una tipica infezione a trasmissione sessuale. Non è infrequente però contattare l’infezione per via indiretta nei bagni, o tramite asciugamani o indumenti in comune”.

I sintomi

Nella sua forma acuta, la Vaginite da Trichomonas si caratterizza per la presenza di prurito intenso, associato a bruciore vulvare o vaginale, con perdite abbondanti schiumose giallo verdastre dal caratteristico odore di “carne andata a male”. In realtà questo quadro di sintomi è molto variabile e, come per molti altri tipi di vaginiti, l’infezione può autolimitarsi, risolversi spontaneamente oppure cronicizzare.

Come curarla

Il metronidazolo è il farmaco capostipite della terapia trichonomicida e in genere si assume in un’unica somministrazione. Negli anni la frequenza del trichomonas è molto diminuita e così la sua capacità di resistere alla terapia e di ritornare. Comunque questo trattamento deve sempre essere prescritto anche al partner.

VAGINITI ALLERGICHE
“Così come in atre sedi del nostro corepo, anche in vagina possono insorgere reazioni allergiche. Circa il 10% delle vaginiti è, infatti, riconducibile ad episodi di ipersensibilità immediata o reazioni ritardate da contatto. Le cause scatenanti possono essere molteplici: saponi, deodoranti, carta igienica profumata, lubrificanti applicati al preservativo, componenti di lavande vaginali, creme, ovuli. I sintomi sono quelli comuni alle altre vaginiti, cioé eritema, prurito, edema, intenso bruciore, leucorree inodori. Per ottenere una guarigione o evitare un nuovo episodio allergico, è necessario identificare e rimuovere l’allergene”.

La diagnosi delle vaginiti

“Per tutte le vaginiti – concludel il dott. Gianluigi Bresciani -, la diagnosi è in un primo momento è clinica, in base ai sintomi e ad un’accurata visita ginecologica. Di norma l’identificazione con certezza dell’agente eziologico è effettuata attraverso un tampone vaginale con il quale viene prelevato del materiale biologico con un tampone sterile che viene quindi inviato al laboratorio di analisi per una ricerca microbiologica. Dopo un breve strofinamento della mucosa, il tampone viene riposto in un contenitore sterile e il materiale cellulare prelevato verrà esaminato nel laboratorio di microbiologia, dopo una coltura in terreni specifici per ogni possibile agente patogeno”.

A cura di Marco Renato Menga

In alto l’immagine al microscopio dei lieviti della Candida

 

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